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Cercami

2 Agosto 2016 in Mogli & Mamme per Vocazione 0

Circa tre mesi fa ho smesso di portare in giro la mia quarta pancia… una sensazione meravigliosa, pur nella fatica fisica che comporta, che fin dalla prima gravidanza mi ha fatta sentire eletta e amata da Dio.

Anche oggi, mentre ho il dono di cullare la mia bimba, ripenso alla sensazione di averla dentro di me, sentirla crescere, sentirla mia…

Ricordo con immensa tenerezza la sensazione provata poco dopo essere rimasta incinta, quando ancora non l’avevo detto a nessuno e facevo tutte le mie normali attività, al lavoro, con gli altri figli, con gli amici… Pensavo che nessuno, dall’esterno, avrebbe mai immaginato quale immenso tesoro custodivo dentro di me. Mi sentivo portatrice di un segreto meraviglioso.
Mi sembrava di vivere già con la mia bambina una relazione speciale, complici – io e lei – di un segreto che apparteneva solo a noi: la sua esistenza. Una complicità che talvolta ritrovo ora, negli intensi momenti che viviamo solo noi due, l’allattamento, le coccole…

E già da allora, a poche settimane dal concepimento, le parlavo. Mi toccavo la pancia e sussurravo, sorridevo immaginandola, la chiamavo “tesoro mio”.
Chi di noi mamme non ha parlato alla propria pancia? Chi non l’ha accarezzata?
Questo tipo di coccole, così intense e appaganti, che per noi mamme servono a pregustare la gioia delle coccole vere, sono estremamente importanti anche per il nostro bambino: infatti ogni esperienza sensoriale, anche sfumata, percepita dal feto, contribuisce al suo sviluppo e alla sua crescita.

Certo, le percezioni non sono come quelle che si vivono nella vita extra-uterina, ma il feto vede, sente, percepisce già in un’epoca molto precoce della gravidanza, e poi in modo sempre meno confuso mano a mano che passano le settimane.
In particolare percepisce la voce della mamma, che sente sia dall’esterno che dall’interno, attraverso i tessuti e le ossa, fino all’utero. Ne identifica l’intonazione e il ritmo, tanto da riconoscerla dopo la nascita: una voce conosciuta che sarà per lui punto di riferimento e conforto tra le tante nuove sensazioni che dovrà affrontare.

Mi immagino questo piccolo esserino – il mio piccolo esserino – incredibilmente concentrato nel continuo e incessante lavorio della costruzione di se stesso. Me lo immagino immerso nella profondità, circondato da un mondo su misura e avvolto da una voce, un suono senza direzione. È lì intorno a lui.
Voce estranea ma conosciuta, incomprensibile ma così carica d’affetto, lontana ma tanto intima.

Mi chiedo se non sia questa la prima, e in fondo la radice, di ogni esperienza di trascendenza. Trascendente è una realtà che viene concepita come ulteriore, “al di là” rispetto al mondo in cui si vive. E non è questa l’esperienza uterina? Percepire una realtà esterna, ulteriore, infinitamente misteriosa e incredibilmente rassicurante.

Mi chiedo se non sia proprio per questa nostra originaria esperienza, che ognuno di noi vive il desiderio di schiudersi alla trascendenza. Un desiderio per qualcuno sopito, magari nascosto in profondità, ma presente e vivo: il bisogno di infinito, di aprirsi ancora alla tenerezza di una voce più grande, una voce misteriosa che avvolge con il suo calore e protegge con il suo amore.

Forse questo è un segno di sé, una firma, lasciato da Dio nella genesi della nostra esistenza.
Il suo modo per dire al nostro cuore “cercami”.

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