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L’eterno ci appartiene ora

29 Giugno 2022 in Spiritualità 0

A cura di Federica Vio

Spiritual Coach


Eccoci ad un nuovo appuntamento alla scoperta della Parola che cura. Come già detto la parola ha una funzione curativa. Nella parola c’è il veleno e c’è il rimedio e Gesù come si può vedere nella sua traiettoria terrestre, ne ha una coscienza differenziata.

Vediamo quale altra Parola può diventare tesoro e salute fisica e spirituale per noi. Ce la suggerisce un altro incontro vissuto da Gesù in un momento particolarmente drammatico della sua vita.

Leggiamo Lc 23, 35-43 fissando la nostra attenzione sullo scambio di parole tra Gesù e il così detto Buon Ladrone che oggi chiameremo Disma come la tradizione popolare ci suggerisce. Non lo facciamo questo per sottoscrivere che questo sia effettivamente il nome di questa persona, ma per togliergli, almeno per qualche istante, l’etichetta che gli è stata attribuita sia di “buono” che di “ladrone”. Gesù non ha mai dato attenzione alle etichette e può essere fuorviante pensare che l’esito della vita di questa persona possa far riferimento in qualche modo a queste attribuzioni.

«Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso».

Che cosa ci dice questo brevissimo dialogo? Cerchiamo di raccoglierne la profonda ricchezza.

è uno scambio fra due persone che si sono conosciute in una situazione drammatica da poche ore. Quindi non c’è una conoscenza fra loro che derivi dal tempo, dall’aver condiviso momenti insieme, dal dialogo o quant’altro possiamo pensare serva a costruire un legame, una stima e una fiducia. Nonostante questo avvengono dei fatti in questa interazione che ci stupiscono e ne fanno una delle icone più significative di tutto il Vangelo, in termini di potere vivificante della Parola.

Se guardiamo la scena con i criteri della società civile, davanti a noi ci sono due uomini che chiudono molto male la loro esistenza terrena. Due vite fallite. 

Se ascoltiamo più profondamente la scena, gli sguardi, le parole possiamo riuscire a sentire il fremito della vita vera, della promessa realizzata qui e ora, della riuscita insperata di una traiettoria impegnativa. Le emozioni che nasceranno allora sono come quelle di veder il proprio atleta del cuore superare il traguardo per primo in una difficile prova agonistica. 

Come avrà fatto il denominato Disma a vedere una possibilità di riscatto in quell’uomo che aveva avuto affianco, sanguinante, lungo il percorso verso il Golgota e che ora pendeva, come lui, dalla croce? Quale guizzo di geniale coscienza gli avrà fatto scommettere in quella improbabile figura? Non lo sappiamo, quello che sappiamo è che questa illuminazione gli ha permesso di aprire il portale di un più elevato grado di coscienza permettendo che Gesù gli rivelasse e lui comprendesse chi era e dove era diretto. 

Il valore di quelle che sono le parole che Gesù gli rivolge potrebbero essere tradotte più o meno così: “Io ti conosco e ti amo, tu non sei un buon ladrone, sei un figlio amato e destinato all’eternità. Non ti preoccupare della condizione in cui ti trovi e che è solo una possibilità fra quelle che avresti potuto vivere nel tuo viaggio terreno, abbi fiducia nelle mie parole che ti confermano la tua origine e il tuo destino: oggi sarai con me nel posto che da sempre ti appartiene, non da mendicante, ma da figlio”.

Continua a leggere l’articolo sul numero 19 di Essere Catechisti

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