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Il bambino e le “buone abitudini”

9 Ottobre 2014 in Dalla parte del bambino 0

Quest’anno il filo conduttore dei nostri appuntamenti mensili sarà la formazione umana del bambino, l’acquisizione di buone abitudini con la prospettiva di una crescita globale delle virtù.

Si tratta di pensare soprattutto a bambini dalla nascita al termine della scuola primaria: l’età d’oro per stimolare uno sviluppo che tenga conto dell’enorme potenzialità di crescita, della capacità di apprendimento, della disponibilità a lasciarsi plasmare.

La pedagogia è una scienza e come tale evolve, migliora, scopre. Tra i temi forti di questi ultimi anni vi è l’interesse, da un punto di vista educativo, per il bambino piccolo. La conseguenza più immediata è la necessità per i genitori e gli altri educatori di studiare, di aggiornare le proprie idee e le metodologie, di formarsi per favorire lo sviluppo integrale dei propri figli e alunni.

Sono consapevole di ripetermi nelle mie affermazioni, ma ogni volta che ne ho l’occasione, mi incanto a considerare la meraviglia che è il cervello umano, sin dalla nascita, anzi da prima della nascita: l’ organo che presiede, dalla sua collocazione nella scatola cranica, alle nostre funzioni quali pensare, parlare, camminare, mangiare, dormire ecc., con un numero impressionante di neuroni che attendono solo di essere stimolati a creare connessioni, in quanto condizioni di apprendimento e di sviluppo del cervello stesso. Nelle situazioni di un percorso di stimolazioni idonee, nella persona di otto/dieci anni il cervello raggiunge circa l’80% del proprio sviluppo. Da qui la necessità di un lavoro educativo senza perdite di tempo.

A grandi linee facciamo oggi un excursus sulla potenzialità del bambino, sulla successione delle tappe evolutive di cui occorre tener conto durante l’iter formativo.

Possiamo affermare che a trentasei mesi egli possiede una motricità fine che gli permette di giocare con i puzzle, con gli incastri, con la plastilina. Egli può impugnare in modo corretto una matita per disegnare, una posata per mangiare in modo autonomo e con la posata appropriata. Dispone di una motricità generale per cui può salire le scale, accompagnato, utilizzando i gradini a piedi alterni, può strisciare, gattonare, appendersi, correre. Può dialogare su argomenti che lo riguardano da vicino, rispondere a brevi domande, assolvere piccoli incarichi. Il tutto dipende dalla autonomia che sono capaci di riconoscergli gli adulti che gli sono vicini, dall’educazione positiva che riceve, dalla possibilità di effettuare esperienze adeguate, dalle regole che gli rendono la vita serena: per il suo sviluppo globale è più importante il contesto che lo circonda dei “geni” con cui nasce.

Il documento ministeriale “indicazioni per il curricolo” ci consegna un bambino al termine della scuola dell’infanzia, a sei anni, con delle competenze che di solito papà, mamma, nonni e affini, con la loro carica affettivo-protettiva nemmeno immaginano.
Egli può compiere misurazioni, usare simboli per registrare, orientare nel tempo e nello spazio se stesso e le cose che lo circondano e gli avvenimenti di una passato recente. Ha curiosità per i fenomeni naturali e per i prodotti tecnologici.

“E’ curioso, esplorativo, pone domande, discute, confronta ipotesi, spiegazioni, soluzioni e azioni. Utilizza un linguaggio appropriato per descrivere le osservazioni e le esperienze” ed è capace di trarre beneficio e soddisfazione dalla fatica, dall’impegno per il superamento di un ostacolo.

Per quanto riguarda i ragazzi che si trovano al passaggio dalla scuola primaria alla secondaria inferiore, la loro formazione integrale ha già richiesto l’inizio di un percorso riguardante lo sviluppo fisico, l’educazione dell’intelligenza, della volontà e dell’affettività. La capacità di osservazione dell’adulto nei confronti del figlio o dell’alunno diventa indispensabile per la realizzazione di un progetto educativo personalizzato, che tenga conto dei ritmi di ciascuno.

I traguardi della scuola primaria prevedono, nella persona, abilità funzionali allo studio delle varie materie nell’area letteraria, antropologica, scientifica, artistica, delle lingue straniere e delle scienze motorie, con tutta la programmazione e l’attuazione che ne consegue.

“La scuola primaria mira all’acquisizione degli apprendimenti di base come primo esercizio dei diritti costituzionali. Ai bambini e alle bambine che la frequentano va offerta l’opportunità di sviluppare le dimensioni cognitive, emotive, affettive, sociali, corporee, etiche e religiose, e di acquisire i saperi irrinunciabili…”.
Aggiungo: attraverso un supporto di “buone abitudini” in dose massiccia!

Guardandomi intorno mi rendo conto che pochi adulti credono in tanta meraviglia e di conseguenza non molti bambini beneficiano di tante opportunità: vivere le buone abitudini e le conseguenti virtù umane costituisce una garanzia anche per il benessere del bambino oggi e dell’adulto domani, per il raggiungimento di obiettivi di studio e di lavoro, per la capacità di assumersi responsabilità nella vita.

Dobbiamo prendere atto che questo impegno si concretizza in un contesto globalmente difficile, per niente rassicurante, ma non è possibile rinunciare ad avere fiducia e ad essere tempestivi nella nostra azione educativa.
Innanzi tutto possedere idee chiare, conoscere i bambini nelle loro caratteristiche, legate alle tappe di sviluppo, sapere come agire e poi vivere la perseveranza, la lungimiranza, la pazienza che è la “virtù dei forti”. E’ più facile fare propri dei principi, è più difficile essere coerenti nel metterli in pratica.
Già prima dell’età della scuola dell’infanzia, il bambino deve sperimentare cosa significhi aver fiducia in se stesso e nelle persone che gli stanno attorno. Il senso di fiducia è molto più efficace del quoziente di intelligenza per il conseguimento degli obiettivi già citati.

Ho sempre creduto nella collaborazione tra la famiglia, la scuola e le altre realtà educative che il bambino incontra negli anni (oratorii, clubs, enti sportivi) e, nel limite del possibile, ho sempre cercato di promuoverla con entusiasmo. Per i bambini è vitale trovare sintonia educativa negli adulti, con i rispettivi ruoli, quali modelli in cui specchiarsi, modelli coerenti, con il cuore carico di benevolenza.
La fiducia esige benevolenza ed è condizione per ben educare.

Essere modelli non presuppone la perfezione, ma la tendenza al miglioramento di sé, implica il mettersi in gioco, il far fatica in modo che l’educando ne tragga esempio e percepisca tutta l’efficacia e lo stimolo per il proprio miglioramento. Occorre abituarsi a guardare i bambini negli occhi per leggervi la gioia che accompagna il superamento di un ostacolo, la conquista di una piccola meta e ancora prima rendersi conto che i bambini, i ragazzi, sono i soggetti attivi della propria formazione, sin da piccoli. Pertanto hanno il diritto di essere motivati nell’agire, nel rispondere alle sollecitazioni dei “grandi”, non per un falso concetto di “democrazia educativa”, ma per il rispetto dovuto ad una persona che saprà distinguere sempre meglio la differenza tra l’autorevolezza ed un negativo atteggiamento autoritario e che si sentirà protagonista della propria educazione.

Il Creatore chiede la nostra collaborazione per crescere le Sue creature e quando non assolviamo questo compito, diventano purtroppo realistiche le parole di Victoria Gillick:
“I bambini, sempre, in tutti i tempi, hanno portato dentro se stessi la capacità di trasformarsi in piccoli selvaggi, se nel campo della loro infanzia non si coltivano le virtù della civiltà. E sebbene questo compito sia responsabilità principalmente dei genitori, i maestri tuttavia giocano un ruolo importantissimo in tale ambito. Ma quando le carenze della famiglia e di una educazione povera si combinano con l’indifferenza e la debolezza nella scuola, che possibilità avranno questi bambini di conoscere e praticare ciò che è bene?”

Il mio lavoro, il mio ruolo di mamma e di nonna, di cittadina e di figlia di Dio non mi permettono di fermarmi a queste, pur oggettive, considerazioni. Essere realisti non significa essere pessimisti. Quindi ciascuno deve vivere la propria sfida quotidiana con gioia, con entusiasmo, con la certezza di contribuire a migliorare “il mondo”. Senza soffermarsi solo sulle pessime, inique leggi che vanno man mano prendendo corpo anche in Italia, nei limiti del possibile combattiamole, ostacoliamone la promulgazione, ma contemporaneamente proseguiamo il nostro lavoro di educatori silenziosi, perseveranti, generosi, fiduciosi, per il bene di ogni bambino che incontriamo: la nostra società ne trarrà senz’altro beneficio.

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