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Rut e Noemi: quei legami che ci insegnano a cambiare

1 Giugno 2022 in Donna & Catechesi 0

A cura di sr. Stefania Baneschi

Francescane Missionarie di Gesù Bambino


Due religioni diverse, due etnie separate, due età lontane: ecco chi sono Noemi e Rut, suocera e nuora. Troviamo queste due donne in un piccolo libro della Bibbia molto speciale: è l’unico dedicato interamente ed esclusivamente alla storia di una donna: Rut. Che parola ci offrono Rut e Noemi? Qual è quel seme che è importante custodire e coltivare per far fiorire la nostra vocazione? Eccola incastonata come gemma preziosa nella loro storia e quella parola è “legame”. Una etimologia del nome ebraico Rut è “la compagna” e questo già è un indizio di quanto in questa breve storia sia racchiuso un tesoro tanto grande: la bellezza e la forza di essere in relazione, pensati e creati per la relazione con l’altro. Il racconto narra di due donne sole, donne straniere. Tra le righe troviamo i temi della solitudine, vedovanza, della povertà, della precarietà e insicurezza del futuro, della fragilità…ma anche dell’amicizia, del riscatto, della vita nuova, della speranza. All’inizio tutto sembra perduto: la vita aveva rubato a Rut e Noemi l’amore e la felicità. A causa di una carestia un uomo della città di Beltlemme – Elimelech- emigrò con la moglie – Noemi – e i due figli maschi nel paese di Moab dove questi ultimi si sposano con due donne del luogo. Il padre muore e in seguito anche i due figli maschi. La vedova rimane con le due nuore, Orpa e Rut, ma quando decide di tornare in patria  e invita le due giovani a ritornare alle proprie case, perché possano risposarsi e trovare una sorte più felice di quella che lei, ormai vecchia, può garantire loro solo Orpa accoglie l’invito a ritornare dai suoi mentre Rut  non vuole lasciarla e la segue. Noemi cerca di dissuaderla ma la risposta di Rut è ferma, commovente: «:Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta” (Rut 1,16-17). Si incamminano così insieme verso Gerusalemme dove c’era ancora un parente del marito defunto, un uomo maturo e benestante, di nome Booz. Perché Rut desidera seguire la suocera in una terra straniera? Eppure non ha nessuno che la mantenga, ha perso il marito, la sua gente, e non ha nemmeno un figlio. Mentre tutto crolla che cosa le dà la forza di stare accanto a Noemi? Da dove le viene il coraggio di ricominciare senza avere sicurezze e appigli ma affidando il suo destino a una donna ancora più fragile di lei? Il nodo cruciale di questa storia è la scelta radicale e disinteressata di Rut di “legare” la sua esistenza a quella della suocera. È la tenerezza e la forza di questo legame, la vicinanza di Rut e la sua premure, che fanno scaturire cambiamenti, fiorire novità, mutamenti. Grazie al sostegno della giovane nuora, Noemi comincia a riconciliarsi anche con il volto di Dio non più conosciuto come lontano e indifferente alla sua sorte ma che si mostra come Dio buono che è “con noi”, dalla nostra parte, sempre a favore del piccolo e del povero. Noemi lentamente lo riconosce presente nella premura di Rut, nel suo affetto disinteressato, nel dono di sé. Anche Booz, il ricco possidente, presto si accorge della generosità e scaltrezza di quella donna e diventerà suo sposo. Anche in  Rut avviene un cambiamento radicale: lei che era estranea alla fede di Israele conosce il vero Dio ed entra a far parte del popolo dell’alleanza, percorrendo non la via dell’osservanza formale della legge, ma piuttosto quella dell’amore. 

Attraverso queste relazioni passa fecondità e vita in quanto la storia di Noemi, Rut e Booz diventa la storia di Israele, si inserisce esplicitamente nella storia della salvezza: Obed, infatti, figlio di Rut e Booz, genererà Iesse, il padre di David, il re d’Israele, dalla cui stirpe nascerà Gesù. 


Continua a leggere l’articolo sul numero 18 di Essere Catechisti

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