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Il bambino e la preghiera (Seconda parte)

21 Aprile 2015 in Dalla parte del bambino 0

Leggi la prima parte.

La famiglia cristiana è il primo luogo dell’educazione alla preghiera.

E’ auspicabile che durante il periodo della gravidanza, ogni giorno la futura mamma ascolti della buona musica, perché ne possa godere anche il bambino che porta in grembo. Sappiamo che alla nascita il bambino riconoscerà la voce del papà, ascoltata durante la vita intra-uterina e pertanto riconoscerà la voce dei genitori che avranno pregato insieme durante quel periodo.

Certamente sarà un bambino fortunato, perché l’Ave Maria è entrata nella sua vita precedendo il suo primo respiro!

Entrambi i genitori cristiani consacrano il loro neonato a Dio, che lo ha affidato loro perché possano aiutarlo a realizzare la sua vocazione soprannaturale di figlio di Dio e la preghiera è un mezzo indispensabile per perseguire questo fine.

E’ ormai riconosciuto che un bambino, anche piccolissimo, è in grado di capire molto di più di quanto si immaginasse in passato. Per questo è bene che cominci presto a vedere e a sentire i suoi genitori che pregano vicino al suo lettino. Nella sua capacità imitativa, imparerà presto a tenere le mani giunte, a mandare baci all’immagine di Gesù, della Madonna e del Crocifisso che si trovano in casa, soprattutto nel luogo a lui riservato per dormire.

L’idea della preghiera che un bambino avrà da adulto, molto dipenderà da come i genitori gli avranno insegnato a pregare. Ci sono bambini capaci di rivolgersi al Signore con gioia, con preghiera personale precoce, già abituati in famiglia a riconoscere Dio nelle diverse situazioni della vita.

Il bambino trae serenità e sicurezza dal ripetersi dei riti quotidiani, dalla routine che lo aiuta ad orientarsi nel tempo e nello spazio. Così alcuni momenti della vita in famiglia possono essere scanditi da una preghiera: al risveglio, prima di uscire di casa, quando si sale in automobile, prima del pranzo e della cena, prima di andare a letto: ogni famiglia nella propria intimità e con le proprie abitudini. L’importante è che Gesù, la Madonna, la SS.Trinità facciano parte della quotidianità, in un modo molto naturale e gioioso per i bambini. Troppo spesso invece molti di loro, arrivano al primo incontro di catechismo senza conoscere il segno della Croce, senza avere un’immagine sacra in casa, senza aver mai udito la voce dei loro genitori che pregano.

E’ il comportamento di papà e mamma che educa sotto ogni aspetto e che porterebbe il bambino ad una familiarità assolutamente naturale nel suo rapporto con Dio, così come con i genitori. Sarebbe naturale dirGli grazie per il dono della vita e per tutti gli altri doni, sarebbe naturale chiederGli aiuto, consiglio, conforto e volerGli bene, con la spontaneità che sanno avere i bambini.

Respirando vita cristiana in famiglia, almeno sino al periodo dell’adolescenza, nessun bambino si rifiuta di pregare, riconoscendo questi momenti come preziosi e rassicuranti per la vita familiare cui tiene tantissimo. Proprio perché il bambino dipende completamente da papà e mamma e proprio perché avverte il bisogno di sentirsi amato da loro, nella relazione con Dio ha la sensibilità necessaria per sentire che Dio è veramente Amore e che nessuno lo amerà come Lui.

E’ necessario parlare delicatamente con un figlio di tutto questo, con parole diverse tenendo conto dei suoi quattro, sette o dieci anni e dei momenti di intimità e confidenza, che non possono mancare in famiglia.

E’ una vera tristezza quando in casa propria si parla di Gesù solo per preparare la festa della Prima Comunione con amici e parenti che, come tutti gli avvenimenti umani vissuti in modo superficiale, passa senza lasciare traccia!

Il nostro è un Paese cristiano e quindi non può essere considerato utopistico pensare di prendere in mano un Vangelo in famiglia e leggerne alcuni passi insieme. Lo sperimento anche a scuola, i bambini si incantano nell’ascoltare la vita della Sacra Famiglia, con la nascita, la passione, la morte, la resurrezione di Gesù, con le Sue parabole, i Suoi miracoli. Gesù voleva vicino a sé i bambini che, come le donne, non erano nessuno nella società del suo tempo, ma Egli li amava.

I figli ci sono stati affidati da Dio. Come ci siamo già detti altre volte, è nostra responsabilità conoscerli ed accettarli per quello sono, procurando loro quanto è necessario, ma soprattutto aiutandoli con le parole, con il nostro agire e con il nostro esempio a crescere Cristiani autentici, capaci di riconoscere nella preghiera il filo conduttore della loro vita.

E’ con questa consapevolezza che sin da quando sono piccoli occorre pregare per loro e con loro: si tratta di un seme che darà frutti copiosi!

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